Il valore dell’uomo…che capitale!
by mila solaris · 12 Maggio 2019
In questo scritto voglio parlare del valore dell’uomo in senso molto stretto, inizio pertanto con il riportare nuovamente alla memoria e consapevolezza un primo fatto essenziale e indiscutibile. Tu e io siamo uomini vivi in corpo vivente di carne ossa e sangue. Per la precisione dovrei dire che siamo “anche” uomini vivi etc. Infatti, la mia precedente affermazione enfatizza l’aspetto “materiale” trascurando volutamente un altro fatto importante. Tu sei anche la coscienza di essere tu in corpo etc. Tu sei anche il tuo intelletto e molte altre cose sulle quali lascio una porta aperta.
Nel caso invece tu sia un essere vivente auto consapevole di altra specie, non avertene a male per questa affermazione a priori!
Il capitale umano
Tuttavia, di seguito mi focalizzerò su due aspetti fondanti: il “capitale umano”, termine assai brutto che voglio sviscerare adeguatamente (che si basa sul valore dell’uomo) e il neo-nato divenuto l’uomo che sei oggi.
Voglio portare l’attenzione su questi termini perché è a partire da questi, da ciò che indicano, che il sistema giuridico, corrente e passato, ha fatto leva per esercitare (sollecitare, spingere al lavoro) una autorità (dal latino auctōrĭtās: prestigio, importanza, credito, potere, forza, comando, garanzia,deliberazione, decreto, valore, legittimità, diritto di possesso) sull’uomo.
Che capitale!
Come ricorderai abbiamo già parlato di “capitale“, ma vale la pena dire ancora due parole in merito. Mi sovviene un “modo di dire” che talvolta si sente ancora in certe occasioni. Faccio un esempio. Tizio mostra a Caio una grande quantità di funghi appena raccolti e Caio con stupore esclama: “Perbacco, qui c’è un capitale!”. Caio ha appena constatato che c’è un grande valore nelle mani di Tizio e lo fa esclamando: “Qui c’è un capitale!”.
Questa osservazione non è legata solo alla quantità, ma anche alla qualità e disponibilità dell’oggetto accumulato. Quasi nessuno di fronte a una montagna di immondizia vedrebbe un capitale, sebbene la quantità sia rilevante. La “cosa” (res) deve avere già singolarmente un valore intrinseco rilevante, anche a prescindere dalla quantità. L’equivalenza tra il denaro e il capitale la troviamo però in modo del tutto equivalente nelle affermazioni: “Questo ti costerà un capitale!” oppure “Dannazione ho speso un capitale!“. Quindi vedi da te che questo “capitale” è un concetto ben radicato anche nel linguaggio popolare in cui è ben chiara l’equivalenza tra la “res” (la cosa) e il suo valore in denaro.
Ora torniamo all’uomo, dico all’uomo e non alla persona, occhio!
Memore di quanto suddetto, capisci da te che l’oro, i “metalli nobili”, le terre, le case, le pietre preziose, sono un capitale, dal punto di vista economico (altra brutta parola che presuppone scarsità). Lo sono anche molti vegetali, una piantagione di tè, di tabacco, di caffè, un bosco di querce per la legna, gli animali. Per esempio le mucche, che producono tanti litri di buon latte al giorno, le galline che fanno molti ovetti tondi tondi, le pecore per la loro lana morbida. Come si evince, di questi capitali talvolta ne vengono usati i frutti, il materiale stesso che sostanzia la res.
La catena del capitale
In cima a questa catena del capitale, e qualcuno dice anche in cima alla catena alimentare, c’è l’uomo. Forse, sottolineo forse. La storia che ci raccontano sui banchi di scuola narra di come quasi sempre nel passato, più o meno recente, l’uomo stesso abbia sfruttato e sfrutti altri uomini (e non ho detto “suoi simili”) o umani. Pertanto è più opportuno dire che taluni uomini potrebbero essere in cima alla catena del capitale, mentre altri potrebbero farne parte (così pure per la catena alimentare, per quanto orribile possa essere) “grazie” alla propria capacità di produzione e al proprio valore intrinseco (il valore dell’uomo).
Quindi tu, uomo, produci con il tuo lavoro dei “beni”. Magari non latte o lana, ma dei beni o del “lavoro”, in senso prettamente fisico, al pari del bue che nel tirare l’aratro produce appunto un lavoro. E’ evidente che anche il tuo lavoro può essere capitalizzato. Di fatto così accade sia esplicitamente, tramite il tuo consenso pseudo-informato, più o meno volontario e relativa retribuzione, sia occultamente. Qui ci troviamo di fronte all’aspetto più inquietante. Viene capitalizzato anche il tuo corpo di carne ossa e sangue. Meglio ancora tu, uomo vivo in carne ossa e sangue, sei capitalizzato. Si attribuisce un valore all’uomo (valore dell’uomo) come lo si attribuisce a una mucca o a una pecora, attivando così il meccanismo dell’obbligazione. Voglio qui ricordare che il lavoro è spesso definito, in senso economico, quale strumento atto a distribuire la ricchezza della nazione. Distribuire, capisci? Per distribuire una ricchezza usando il lavoro è necessario che la ricchezza sia già esistente prima della sua distribuzione e non creata con il lavoro stesso. Forse questo si intende nella pretesa costituzione con: “L’Italia è un Repubblica basata sul lavoro”. Ovvero sulla distribuzione della ricchezza di questo territorio tramite il lavoro. Pare che questo concetto non sia poi così chiaro a chi pretende di amministrare questa nazione.
La libbra di carne
Forse William Shakespeare nel Mercante di Venezia (opera teatrale scritta probabilmente alla fine del 1500 di cui consiglio la lettura) voleva suggerire che, la libbra di carne del corpo del mercante stesso, chiesta in pegno dall’ebreo usuraio in cambio del denaro prestato, indicava che proprio l’uomo vivo in carne ossa e sangue era il valore più grande? D’altra parte come stupirci? Non è forse la vita dell’uomo il capitale più grande che si possa immaginare? L’energia vitale che rende “animato” un corpo?
Il neo-nato disinformato
Dunque, non dobbiamo neppure stupirci che l’atto di nascita sia lo strumento d’elezione per creare quella finzione giuridica, rappresentazione “legale” dell’uomo, che verrà utilizzata per creare strumenti finanziari che si basano proprio su questo sommo valore dell’uomo. Tutto questo senza che tu abbia dato il tuo consenso completamente informato dei fatti e delle circostanze. La legge non ammette ignoranza, ricordi? Sei stato avvisato! Ma d’altra parte, tu neo-nato potevi forse conoscere la legge, leggere, scrivere e firmare un contratto? Potevi avere la conoscenza plenaria di tutti i termini e condizioni di detto contratto a poche ore dalla tua nascita? E i tuoi genitori? Non sono di certo stati informati della reale natura del contratto che andavano firmando davanti al così detto Ufficiale di Stato Civile. L’atto di nascita è l’apice di questa imperdonabile truffa. Il furto del capitale e del valore dell’uomo ai danni dell’uomo.
Tutta questa economia, questo scambiare, vendere, comprare, commerciare avviene in grazia di uomini, non è vero? Il mercato è fatto di uomini, tutti trasformati artificiosamente in persone, quindi in acquirenti, clienti, consumatori etc. Tutte matrioske, vestiti che, senza l’uomo a sorreggerli, non avrebbero nessuna sostanza.
Il potere della parola
In chiusura voglio sottolineare il significato etimologico di alcune parole spesso usate in questi scritti.
Retribuzione. Questa parola è composta dal prefisso re, nel senso di “ritorno indietro” + tributo che vuol dire sia censo, che il vassallo pagava al signore, sia omaggio che si rende ad altrui in segno di devozione o stima. Devozione, uhm, devoto… a chi? Quindi la retribuzione sarebbe la restituzione di parte dei tributi?
Religione. Questa parola è composta dal prefisso re, che in questo caso indica la ripetizione, e legere ovvero scegliere. Oppure re-ligare, ovvero unire inseme sotto le stesse leggi e culto.
Legge. Da ligare, legare ovvero obbligare oppure leggere o scegliere, oppure ancora regola imposta o positiva stabilita dalla autorità divina o da quella umana.
Ti invito a riflettere sulle tre parole di cui sopra. Chiediti se conoscerne l’etimologia ti ha dato un visione un po’ diversa rispetto al passato. Prova a combinare i significati di religione e legge, cosa ne deduci? E se aggiungi il tributo, quale omaggio che si rende in segno di devozione o stima a un determinato culto, stabilito dalla autorità divina o dall’umana? Potrebbe essere necessario ponderare sul potere della parola!